Le Colonne della Democrazia by Luca Addante

Le Colonne della Democrazia by Luca Addante

autore:Luca Addante [Addante, Luca]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Itinerari Laterza
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2024-05-15T00:00:00+00:00


4. «L’energica Brescia»

Del tutto diverso il panorama si presenta a Brescia, insorta il 18 marzo 1797 a neanche una settimana dalla sollevazione bergamasca. Un moto rivoluzionario in cui più rarefatte sono le orme dei Francesi e molto vistose quelle dei giacobini, con un impegno in grande stile e al massimo livello, dati i nomi implicati nell’azione: Lauberg, Salvador, Salfi, Abamonti, Sauli, e poi Ranza, il marchese Letizia, il trentino Filos, il generale Fantuzzi. Col sostegno della Legione di Lahoz e il rinforzo di truppe bergamasche, oltre che francesi: sempre essendo vigile l’occhio di Landrieux569. Il secondo passo dell’operazione Repubblica di Venezia, solo che stavolta si registrava l’afflusso in città dei vertici del giacobinismo e della cospirazione, al contrario di quanto avvenuto a Bergamo. Con la quale, d’altra parte, c’erano significative differenze.

A Brescia era stata attiva una Loggia massonica, ma già anni prima della Rivoluzione francese essa risultava essere sciolta570; e in ogni caso non sembra vi si dipanassero fili riconducibili agli Illuminati né ad ambienti a essi collegati. Con l’avvio della Rivoluzione, inquietudini, interesse e anche entusiasmi in città non erano mancati, sia a livello popolare sia al livello delle élites, intrecciandosi ad antichi motivi di malcontento per il dominio della Serenissima, comuni a quasi tutta la Terraferma571. Circolavano in città giornali come «La Spezieria di Sondrio» e il «Moniteur»572; e nel febbraio 1792 un confidente degli inquisitori veneziani aveva pranzato a Milano col conte bresciano Giovanni Mazzuchelli, riferendo che questi «si fa luogo ad applaudire altamente alla Rivoluzione francese, come rivendicatrice dei diritti di libertà ed uguaglianza fra gli uomini in ben ordinata società»573. Alla fine di quell’anno, una decina di persone fu denunciata agli inquisitori di Venezia per «discorsi in approvazione dell’Assemblea» rivoluzionaria e per istanze antinobiliari574. Nel 1793-94 si susseguirono poi le accuse di «giacobinismo», e in due occasioni le autorità intervennero con processi, ammonizioni e alcuni arresti: di un nucleo a composizione borghese e popolare, che si incontrava al caffè e in osteria; e di un gruppo di una trentina di persone, per lo più nobili, riunitosi in un «Casino dei buoni amici», non senza legami fra le due cerchie575.

Tuttavia, a Brescia come in tutti i territori della Serenissima non c’era nulla di paragonabile a una vasta organizzazione giacobina con immediati obiettivi rivoluzionari, come quelle napoletana e piemontese. Né sembra che ci fossero contatti dei bresciani con altre realtà cospirative e/o con gli Illuminati, come nel caso di Bergamo. È vero che si facevano anche discorsi arditi, «discorsi avanzati» li definirà uno dei partecipanti576. Il nobile Carlino Arici, che si beccò parecchi mesi di prigione, di fronte a una massa di popolo si era spinto ad auspicare: «Che bella cosa sarebbe che noi fossimo pur colà tra la folla, ma eguali interamente ad ogni altro del popolo!»577. E particolarmente deciso in senso giacobino era l’oste Pietro Nicolini: già arrestato una prima volta, fu successivamente condannato affermando che «se venissero i Francesi sarebbe egli il primo a fare il boia per piccare questi nobili che passeggiano in piazza»578.



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